In data 10 marzo 2015, alle 19 e 30 di sera, su un autobus della linea 4 che transitava tra largo Bertola e Porta Nuova, mi è stata sottratta dalla borsa che tenevo ben stretta da tre tizi di cui non mi interessa la nazionalità la macchina fotografica Kodak che avevo comprato venti giorni prima con dentro tutte le foto dei primi dieci giorni del mese, comprese quelle del Libro ritrovato e di vari eventi come l’incontro con Domenico Quirico e quello con Alessia Gazzola da cui stavo ritornando.
Sono stata privata del mio lavoro, e la cosa peggiore non sono stati i ladri ma quella schifosa, bastarda, puzzolente, grassa madre di famiglia dall’accento ispanico che ha visto tutto e non ha detto niente (insieme a me hanno borseggiato un ragazzo maghrebino, uno dei tanti che fanno i manovali o simili), perché aveva paura di ritorsioni contro se stessa e i suoi “bambini”, due adolescenti merdosi, brutti e grassi come lei. Cara schifosa vigliacca, che non hai saputo fare tue le parole di quel grande uomo di Paolo Borsellino, che diceva che chi ha paura muore ogni giorno chi ha coraggio muore una volta solo, ti auguro una vita schifosa, a te e ai tuoi due figli orrendi, ma tanto codarda come sei ce l’hai già, e soprattutto ti auguro che un giorno qualcuno faccia qualcosa di brutto a te e ai tuoi figli e che nessuno intervenga, come hai tu, lasciando che due persone oneste venissero derubate del loro lavoro. Scusate, ma dovevo dirlo.